Filippo, durante gli studi universitari, si ritrova a pochi mesi dal discutere la tesi.
Ha un appuntamento con il suo docente di riferimento e per questo, verso le 11:00 prende l’auto e si incammina verso l’università che dista pochi chilometri da casa, casa in cui abita con i suoi inquilini anch’essi universitari. Filippo sente la stanchezza e l’ansia di un giudizio. Dell’approvazione o meno del testo. Sente di aver dato il massimo affinché ogni parola scritta potesse in qualche modo ricevere l’approvazione dell’altro. Di questo altro che per lui in quel momento andava a rivestire il corpo del docente. Ma nel suo incamminarsi non c’è questa consapevolezza. C’è solo il semplice dirigersi verso l’università, con l’ansia che il suo lavoro sia ben giudicato e accolto. Questo non avviene. Da parte del docente ci sono le giuste osservazioni che il ruolo gli impone, ma dall’altra parte vi è un ricevente, in ansia, predisposto all’attesa che qualcosa possa non andare bene, ma vivendola con una sensazione di paura che questo avvenga. Filippo torna a casa dopo aver sentito nel corpo, la frustrazione dei rimandi. Durante il tragitto in auto, ad un incrocio, avverte una sensazione strana.. non la comprende, ha un iper-percezione delle cose, percepisce un frastuono e una sensazione come se stesse accadendo un incidente, un esplosione, come se il mondo stesse crollando e ricerca la causa di queste sensazioni nel cielo.. nell’attesa al semaforo avverte una sudorazione fredda alla fronte e alle tempie. Tutto aviene in una frazione di secondo ma il tempo si è dilatato e vive appieno ogni istante. Rimane sconcertato, fermo al semaforo fino a quando le auto dietro di lui gli inpogono di procedere a suon di clacson.
Arrivato a casa, e salito in stanza si domanda cosa gli sia accaduto. Contestualmente riceve una chiamata dal fratello che gli ricorda di adempiere ad alcune commissioni, così come successivamente a questa, si attende la chiamata dei genitori e quella del docente stesso, con il quale si era accordato poco prima, per fissare un nuovo appuntamento. A Filippo manca l’aria. Decide istintivamente di spegnere il telefono, chiedendosi: “cosa mai mi potrebbe accadere se risulto irreperibile?”. La sua mente istantaneamente produce un surplus di risposte di senso al fine di tenere il telefono acceso. La preoccupazione dei genitori, la mancata chiamata del docente disattendendo gli accordi precedentemente presi ed un successivo presentarsi ulteriormente in difetto. Il non aggiornare il fratello che attende risposta.. il doversi mettere a rimaneggiare fin da subito l’elaborato. Niente, Filippo vuole vedere cosa accade, spegne il telefono, lo lascia a casa ed esce a piedi. Comincia una lunga passeggiata senza più porsi domande. Osserva il marciapiede e la nitidezza dell’asfalto illuminato dalla giornata primaverile. Gode nel sentire, un passo dopo l’altro, il controllo della sua andatura, che sebbene all’inizio era accelerata dal fatto che stesse come scappando da tutto e da tutti, la rallenta intenzionalmente, immergendosi in un tempo e in uno spazio senza passato e senza futuro. Trova piacere nell’osservare la nitidezza dell’asfalto, delle sue crepe e delle sue pieghe. Osserva di come sia poroso. Sotto la luce primaverile, pensa come sia bello poter osservare anche le piante, ricerca la stessa nitidezza visiva su queste. Si accorge delle farfalle, delle formiche sul tronco dell’albero, e la particolarità dei colori e la definizione di ogni venatura, la dissimmetria della corteccia lo assorbe cosi come ogni suo scanalatura. Il suo sguardo va cosi poggiandosi sulle radici dello stesso albero, radici che hanno deformato la cornice di marciapiede entro la quale l’altro pensava di inquadrarlo. L’albero con la sua vitalità è andato a prendersi quello spazio che la vita gli imponeva. Deformando la cornice, deformando un impedimento. Semplicemente si sviluppava come la sua natura gli imponeva. Col tempo e nel tempo. Cornice deformata e adattata al suo stesso sviluppo. Cornice frantumata ma che risulta essere un buon punto d’appoggio.
Rinfrancato da questa passeggiata Filippo, non la vuole interrompere. Decide di prolungarla per rimestare in quelle piacevoli sensazioni, ma poco alla volta svaniscono, non riesce a mantenerle, a riprodurle. Torna a casa. Riaccende il telefono aspettandosi di ricevere i messaggi delle chiamate perse. Non accade. Così come non accadrà per tutta la giornata.
Nessuno lo aveva cercato.