Forme del “NO”

A volte la forme del “No” possono assumere vertici, ad una prima lettura, insondabili:
dalle più radicali e sofferenti a quelle più quotidiane, a quelle più complesse e intricate. Le forme del “No” ci portano ad un’affermazione della nostra soggettività che, a volte, fatichiamo ad esprimere. Nell’affermarci, però, possiamo fare un giro troppo lungo, tortuoso, un giro fatto di tappe che rispondono alle aspettative altrui. Nell’affermarci, il giro dell’educazione è basilare, ma quando rivestiamo l’altro di un qualcosa che pertiene per una maggior quota noi, allora cortocircuitiamo in un dialogo esclusivamente con noi stessi dove l’altro è solo l’attore di un personaggio che gli abbiamo affibbiato.
Così, la richiesta di un ottimo studente al corpo docente di essere bocciato all’ultimo anno di scuola superiore, può non suonare più così strana, strampalata. 
A quale appuntamento vuole mancare? Quale situazione si configurerebbe per lui dopo l’ultimo anno di scuola? Quale chiamata vuole disattendere? Disattendere quella chiamata produrrebbe in automatico un appuntamento a cui vorrebbe essere partecipe? O semplicemente, questa presa di posizione così articolata, produrrebbe degli effetti per lui sensati, permettendo la nascita di quello spazio psichico dove poter articolare una narrazione diversa, e quindi di non insistere e incistarsi nel “No”?
 
Spesso e volentieri siamo presi in alcune strane forme del “No” senza riuscire ad intravedere che sono prove; prove di una nostra soggettività che fatichiamo a reperire. Prove che per la loro indecifrabilitá, portano necessariamente in seno un enigma e dunque una domanda. Alcune richieste, alcuni atti, richiedono un testimone affinché possano essere messi in questione, decifrati.
 
Passare da uno stato di inermità e sofferenza patita ad una invenzione soggettiva e creativa non è cosa immediata. 
Passare da uno stato di inermità ad un’invenzione creativa potrebbe seguire tre passaggi, tre tempi: dal riconoscere, leggere e rileggere le nostre situazioni, i nostri inciampi, approdiamo all’accettazione di quello che è stato, come un dato di fatto.
Questo stato, questo dato, secondo la nostra rilettura, degrada il suo potere su di noi, sulla passività che in qualche modo manteniamo attivamente. Questo può dare luogo ad altro, ad un’invenzione creativa che può farci esprimere quello che è stato, in maniera diversa, più particolare.